Mi chiamo Elianna, ho 41 anni, comboniana da 12, in Africa da 11, i primi 4 in Rep. Democratica del Congo, gli ultimi 7 in Centrafrica. Di questi, 5 di conflitto…
A inizio 2016 abbiamo avuto un Presidente democraticamente eletto, ma l’80% del Paese è sempre in mano a vari gruppi di ribelli e nemmeno tutta la capitale è sotto controllo.
Nuovi palazzi si innalzano, locali notturni, ristoranti e dancing, ma trovare casa è uno dei problemi più gravi e con tutti gli stranieri degli organismi dell’Onu e di tutte le organizzazioni che vengono per lavorare qui, abitare costa tantissimo. Un Paese che si estende su due bacini idrici e ricchissimo di acqua, non ha corrente a sufficienza né acqua potabile per tutti. Chi si ammala sul serio o ha i soldi e si fa evacuare in Marocco o in Francia, oppure si affida a Dio. Molti muoiono di crisi cardiache. Da poco hanno chiuso un grande deposito indiano di farmaci che commerciava farmaci falsi. Il tariffario dei salari è rimasto agli anni ’60. Stanno aumentando i suicidi tra i giovani che, non avendo mezzi per gli studi, né lavoro, né prospettive per il futuro, cadono in una profonda disperazione e senso di impotenza. Il presidente del Parlamento è appena stato destituito; il giorno delle elezioni del nuovo presidente, dei deputati della Nazione hanno sparato in piena sessione e sono stati arrestati. Qualche giorno dopo Touadera ha inaugurato il suo nuovo grande partito dei “Cuori Uniti” che fa temere una deriva autartica e da “partito unico”. Tutto questo in pieno conflitto degno di guerra fredda tra Francia, che da sempre controlla politica ed economia, e Russia che si propone come nuovo partner. In cinque anni, i poveri sono aumentati, le vittime senza giustizia sono aumentate, i parassiti, alimentati dal sistema di assistenzialismo dei molti aiuti sono come un tarlo per un vero sviluppo e una vera uscita dalla crisi. È in questo contesto che sfida la fede e la ragione, l’anima e il corpo, che siamo chiamate a vivere la nostra missione. Facciamo delle cose, come gestire un convitto di giovani ragazze, delle scuole materne e elementari in foresta, un piccolo ospedale, realizzare trasmissioni alla radio e fare animazione missionaria, qualche attività di risveglio delle coscienze, ascolto e accompagnamento di giovani e persone traumatizzate dal conflitto. Ma sempre di più sentiamo che lo stare, l’ascoltare, il resistere, il sorridere nonostante tutto, il bere una birra fresca insieme, crea legami di vita, di sostegno, di speranza, di resilienza. Siamo invitate ad azioni semplici, piccole, che ridiano dignità e fiducia alle persone, a creare insieme a loro il nuovo che dia freschezza al clima torrido di vite sballottate tra tanti problemi. Il lavoro è quello che tutti, uomini e donne, giovani e vecchi, cercano… in questi anni abbiamo ascoltato e incontrato tante persone e dato aiuti perché si rimettessero in piedi… che senso di sconfitta quando ritornavano avendo perso capitale e benefici a causa di una malattia o di un imprevisto… che gioia quando non tornano più, salvo che per dare un piccolo caspo di banane o qualche arancia per ringraziare e salutare. Che commozione quando, cercando di aiutare degli orfani a ritornare a scuola ci si imbatte in un direttore che come contributo personale offre l’uniforme scolare. Che senso di meraviglia quando, dopo un incidente in macchina, un signore a cui hai pagato le medicine della moglie malata, si precipita per ripararti gratis la carrozzeria felice di potersi sdebitare. Quando penso a Natale, penso che è tutto questo: del bene piccolo, quasi impercettibile, che brilla nella notte buia di un Impero del Male che si crede vincitore, ma che non puo’ avere l’ultima parola…la notte non caccia la luce. Mai.
Sr. Elianna Baldi